Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
Maria Ss. Del Monte - Caltagirone
Largo della Fontana
La Chiesa sorge nella parte più antica dell’abitato ed era un tempo dedicata alla Beata Vergine Assunta. Più volte danneggiata e riedificata, la chiesa di Santa Maria del Monte, Matrice prima delle erezione della chiesa di San Giuliano come cattedrale, si trova in cima alla famosa scalinata di Caltagirone che, costruita nel 1606, soddisfaceva l’esigenza di unire direttamente la Chiesa Madre con il Palazzo di Città fu successivamente restaurata e abbellita con i motivi che riprendono i vari stili che hanno caratterizzato nei secoli l’arte della ceramica a Caltagirone.
Il prospetto austero e sobrio è privo di qualsiasi movimento in pianta e in alzato; risulta composto da due ordini sovrapposti raccordati da sobrie volute, è segnato dal lieve aggetto dell'ordine architettonico binato; dorico quello inferiore e composito il soprastante. Una maggiore articolazione si denota nella parte centrale della facciata dove si inseriscono il portale ed il soprastante finestrone centrale a serliana arricchito dalla presenza di colonnine libere. L'ordine inferiore presenta due portali simmetrici che consentono l'accesso alle navate laterali, con soprastante finestrone ellittico. Il prospetto, che venne realizzato interamente in pietra intagliata, termina con un frontone curvilineo.
La chiesa presenta una impostazione planimetrica a croce latina basilicale con tre navate separate da colonne binate.
La navata centrale è coperta da volta a botte, con unghie di raccordo alle finestre laterali; realizzata con una struttura portante in legno e con orditura secondaria in canne e gesso arricchita nella parte intradossale da un apparto decorativo in stucchi.
Ogni navata laterale risulta suddivisa in 5 sezioni con copertura a calotta ellittica su pennacchi.Ogni sezione presenta degli altari leggermente incassati nella muratura.
Le coperture in legno sono state realizzate con un sistema di capriate e arcarecci, per la navata centrale, mentre le navate laterali, sono a falda inclinata con struttura portante in legno.
La volta della navata centrale è decorata con affreschi raffiguranti eroine bibliche, Rebecca, Abigail, Giuditta e Ester, nelle quali la tradizione della Chiesa ha visto delle prefigurazioni di Maria, la cui immagine è dipinta nella volta del presbiterio, e realizzati nella prima metà dell’Ottocento dai fratelli Vaccaro.
Tra l'abside e la cappella della Candelora si colloca il campanile, di pianta rettangolare con vano centrale ellittico contenente la scala elicoidale di servizio, a cui si accede dal lato destro del coro.
Nel lato ad est del transetto sono presenti due cappelle: nella parte a sinistra del transetto la Cappella del Ss.mo Sacramento. Nella parte a destra del transetto si trova la cappella della Candelora che custodisce la statua della Madonna del Salterio, la cui statua marmorea è attribuita a Domenico Gagini (+ 1492). Altri altari da segnalare sono quello dell'altare della Presentazione di Maria al Tempio con lo stemma gentilizio della famiglia Boscarelli Sturzo, e l’altare del Cristo alla Colonna, con la statua lignea realizzata nel 1592 dall’artista Paolo Nigro.
L'altare maggiore, è costituito da una macchinetta in marmo che fa da cornice al quadro di Maria SS.ma di Conadomini, patrona della città insieme a San Giacomo. Sull'altare viene esposta una copia della Sacra Immagine della Madonna di Conadomini, il cimelio più importante custodito all'interno della chiesa, la cui devozione si esprime soprattutto nel mese di maggio interamente dedicato al culto di Maria.
Si tratta di una tavola dai caratteri stilistici bizantineggiant, giunta a Caltagirone nella prima metà del 1200, dipinta da ambedue i lati: durante la novena e in occasioni particolari viene esposta l’immagine bizantineggiante di Maria SS. con in braccio il bambino Gesù; sul retro è invece raffigurato il Cristo morto che si erge dal sepolcro, con alle spalle il legno della croce. Il titolo Conadomini nella predicazione viene spesso interpretato come corruzione di Icona Domini, Maria immagine del Signore; in realtà deriva dal fatto che l’immagine era un tempo esposta all’interno di una Cona che normalmente ospitava l’immagine del Signore (Domini).
Durante tutto il mese di maggio la chiesa si riempie di fedeli che rendono culto a Colei che dal 1644 è invocata come Patrona assieme a San Giacomo.
Le opere d’arte, dunque, che si potranno ammirare sono:
XI sec. - La campana di Altavilla, portata in dono dal Conte Ruggito il Normanno
XIII sec. - La Sacra Immagine della Madonna di Conadomini, opera pittorica su legno di scuola lucchese, portata a Caltagirone dalla famiglia Campochiaro, è posta sul presbiterio della chiesa. L’opera originaria si “svela” durante il mese di maggio in onore alla Madonna, mentre durante l’anno viene sostituita da una copia fedelmente riprodotta; sul retro della tavola è raffigurato Cristo che si erge dal sepolcro
1492 - La Madonna del Salterio, opera scultorea di Domenico Gagini
1592 - Il Cristo alla Colonna, statua in legno realizzata dall’artista Paolo Nigro
XIX sec. - La volta, ornata da cinque riquadri ad olio, realizzati dai fratelli Vaccaro, che rappresentano figure femminili dell’antico Testamento precorritrici di Maria
Notizie Storiche
Il tempio maggiore parrocchiale di S. Maria del Monte o Assunta è vicino al Castello, e un dì consacrato a S. Nicolò; così lasciò scritto il netino ab. Rocco Pirro, cui fece eco l'abate catanese Vito M. Amico, che ne magnificò la sontuosità: «Sotto la rocca, nel vertice supremo del colle, è la chiesa principale, sacra oggidì alla B. Vergine Assunta, volgarmente del Monte, ma un tempo a S. Nicolò Vescovo, da ogni parte cospicua per la mole dell'edificio ed il campanile»."
La chiesa, tutta formata ad intaglio, aveva un «eminentissimo campanile triangolare, in stile gotico, ch'era stato fabbricato anni trecento addietro dalla liberale pietà di quattro titolati cittadini, cioé da Santa Pau marchese di Licodia, da Branciforti conte di Mazzarino, da Gravina marchese di Palagonia, da nobilissimi Rustici antichi e Signori di Mungialino»."
L'antica chiesa di S. Nicolò, forse di origine bizantina, a partire dalla prima metà del sec. XII (1143 circa) assunse "il titolo di S. Maria del Monte, come si ricava dall'antichissima cronaca dei feudi di Kamopietro, ove leggesi «tolta verso il 1143 dai nostri mille prodi Caltagironesi ai Saraceni dell'espugnata ed arsa Wotica o Iudica»: «Inter alia est quaedam pulcherrima campana quae in turri divae Mariae de Monte extat»."
Notizie documentarie sulla chiesa sono custodite nei volumi vaticani dal titolo Rationes Decimarum inerenti gli anni che vanno dal 1308 al 1310. Da questi si ricava che la Chiesa era intitolata a Santa Maria Maggiore, che il rettore ricopriva la dignità di Arcidiacono, nella chiesa siracusana, e che dallo stesso dipendeva la chiesa di San Giacomo. Nella chiesa originaria, sorta in epoca normanna, la cappella sita accanto all'abside, "in cornu evangeli", era dedicata all'Assunta comunemente detta "Nostra donna di menzu austu".
L'antico campanile, come scrisse ancora il p. Francesco Aprile, costruito «molto alto, tutto di pietra a colori, ornato di logge, colonnati e finiva colla corona di merli in cui nella parte meridionale c'era un'aquila di smisurata grandezza che stringeva fra gli artigli del destro piede l'osso gigantesco, insegna antica della città» e, venne danneggiato dal terremoto del 1542 nella sua merlatura, «turris templi Beatissimae Mariae de Monte suos dejecit mergulos», in seguito restaurata.
La città di Caltagirone avviò rilevanti lavori di ampliamento della chiesa, pianificati dal 1591, e finanziati nel 1605 come appuntava il depositario della fabbrica Andrea Vitali, «per farsi una ala et ampliare detta eclesia». L'ampliamento nasceva da esigenze estetiche e funzionali infatti essa era giunta agli albori del seicento in una configurazione asimmetrica con la sola navata laterale sinistra costituita probabilmente da una sequenza di cappelle laterali autonome e non comunicanti; alla destra dell'edificio si trovava un tocco, ovvero un porticato a protezione dell'ingresso laterale alla chiesa secondo uno schema dell'architettura religiosa siciliana del periodo tra Quattrocento e Cinquecento. L'edificio originario con una navata, venne ampliato notevolmente: la nuova morfologia era a tre navate divise da pilastri con capitelli in pietra bianca e zoccolatura in pietra forte arenaria. Nelle due navate furono collocate le nuove cappelle tutte in pietra bianca.
La navata laterale destra venne costruita tra 1603 e 1629. Vi lavorarono Giandomenico Gagini con il figlio Francesco e Giandomenico Palmeri con il figlio. L'abside e le due cappelle laterali furono ampliate con l'intervento di Delfo e Francesco Di Franco, Vincenzo Giarracca e Paolo Lazzaro. L'altare maggiore che conteneva il gran dipinto su tavole dell'Assunta del pittore spagnolo Giovanni Matta eseguito prima del 1542, fu arricchito di una cappella in pietra bianca con fregio e timpano coronato dalla statua della vergine posta fra due angeli e due santi apostoli Giacomo Maggiore e Bartolomeo, scolpite da Diego Spataro genero di Giandomenico Gagini. L'ampliamento della chiesa rese necessario l'innalzamento del tetto ligneo decorato con le storie dell'Antico Testamento e con gli stemmi della famiglie nobili, l'operazione venne effettuata dal falegname Vincenzo Baldanza, che con l'ausilio di argani e congegni riuscì a sopraelevare l'opera trecentesca ricca di decorazioni e pitture.
Nal 1604 il beneficiale della chiesa nel memoriale presentato alla Regia Corte per la convalida viceregia allo stanziamento da parte del consiglio civico caltagironese di 800 onze così descriveva la chiesa: «essendo essa chiesa anticamente fabricata picciola et con una sola ala, essendosi la città aumentata et populata molto venne a conoscerse esser molto incapace del populo che le feste principale in quella concora, oltra di esser assai sproporzionata per l'ala sola; unde lu annu passatu l ijurati della città per farsi l'altra ala nellu locu undi era una pennata aperta, nel quale loco sucedevano piotosto alcuni inconvenienti che cose di servizio di nostro Signore Idio, diedero elemosina di unzi 100 per darsi principio alla fabrica di detta ala».
Nel 1615 si registra il crollo parziale del «campanaro» che dovette causare danni alla sagrestia. Vennero intanto realizzate sette colonne complete di basi e capitelli e arcate soprastanti realizzate in «pietra forte» probabilmente utilizzate che secondo recenti studi non hanno nulla a che vedere con il campanile ma vennero utilizzate per l'ampliamento della nuova chiesa.
Tra il 1617 le 1618 Giovan Domenico Gagini dirigeva il restauro del campanile, come confermano alcune ricevute di pagamento relative alla fornitura di conci intagliati. Studi recenti dimostrano come la terminazione cinquecentesca ispirata al linguaggio classicista serliano, risultava contraddistinta da una spiccata bicromia realizzata con elementi in pietra color ocra in risalto su campi di pietra bianca. Insieme a grossi quantitativi di pietra bianca provenienti da cave nei pressi di Licodia Eubea, Gagini fece giungere «cantoni rossi per havere a servire in detta fabrica». La chiesa venne pavimentata con mattonelle in terracotta esagonali, fornite dal maestro Marsiano Di Martino, bordate da larghe fasce di mattonelle maiolicate, fornite dal maestro Cola Lo Balbo.
Nel 1618 i lavori di consolidamento del campanile vennero affidati a due maestri provenienti da Licodia eubea, Luca Fanciglia e Antonio Di Facio, appositamente nominati per la realizzazione dei conci intagliati e per le complesse operazioni di smontaggio e ricollocazione dei pezzi, rese complesse dalla notevole altezza del campanile.
Nel 1634 un fulmine si abbatteva sulla parte terminale della cella campanaria rendendo necessari lavori di restauro nel mese di maggio si procedeva a «riconzarilo per la cascata del campanali per la cascata del tuono».
Il terribile terremoto dell'11 gennaio 1693 danneggiò gravemente la chiesa, vennero distrutti il tetto pitturato con episodi della S. Bibbia e gli stemmi delle famiglie su citate; gli altari gagineschi, la grandiosa pala dell'Assunta dello spagnolo Giovanni Matta ed il polittico di Bernardino Nigro (1591), appartenente all'etnìa greco-albanese di Biancavilla (1588), ma domiciliato a Caltagirone, composto da 7 quadri, raffiguranti la Madonna degli Angeli, S. Giacomo, le quattro Sante Vergini del canone romano e Gesù che porta la croce. La ricostruzione fu lunga e contrassegnata da diversi progetti, che diedero luogo ad un susseguirsi di dispendiose elevazioni e demolizioni murarie. Infatti, la chiesa, riedificata negli anni 1695-1703, dall'arch. Simone Mancuso e dal costruttore Giuseppe Montes, e già decorata nel 1715 di intonaco, di stucchi e di pavimento di mattoni, nel 1720 fu, purtroppo, demolita perché una perizia della Regia Monarchia di Palermo ne giudicò poco solida la costruzione.
Nella relazione della Curia Vicariale del 6 agosto 1695 sulle necessità delle chiesa colpite dal sisma in merito alla chiesa Madre si specificava l'ingente spesa necessaria alla sua riedificazione per la quale non erano bastanti 20.000 scudi.
La nuova costruzione iniziò intorno al 1695 e nel 1739 era già ben avviata all'infuori del campanile, che, iniziato a costruire nel 1743 su disegno dell'arch. D. Antonino Di Martino, dopo alquanti giorni dal suo completamento, crollò su se stesso.
Il Crollo del Campanile, avvenuto il 21 dicembre 1762, mentre dirigeva i lavori il capomastro dei murifabbri di Caltagirone Silvestro Gugliara, distrusse buona parte della zona presbiteriale. Il Senato Caltagironese affidò all'architetto catanese Francesco Battaglia l'incarico della ricostruzione della chiesa.
Nel mese di marzo del 1763 l'architetto Battaglia presentò due differenti progetti: uno di restauro e l'altro di ricostruzione integrale dell'edificio.
Il giorno 8 settembre 1766 l'architetto Battaglia venne incaricato dalla Regia Deputazione per le opere Pubbliche di dirigere i lavori di ricostruzione del campanile, del transetto con cupola e la pianta basilicale a tre navate ripartite da colonne binate. Per la costruzione furono erogate migliaia di onze regia deputazione.
Nel 1772 veniva invitato a Caltagirone l'architetto trapanese Andrea Gigante, in qualità di perito per il controllo dei lavori di ricostruzione della chiesa, edificata allora fino ai capitelli del primo ordine. Il Gigante criticò duramente l'operato del Battaglia e ritenendo poco sicuri i pilastri che reggevano la cupola suggeriva di sostituire il sistema di colonne binate con pilastri larghi tre palmi e proporzionati secondo l'ordine dorico, e per rendere più sicuro il il campanile suggeriva di ridurne il vano scala centrale. Battaglia difese il suo progetto rimproverando al Gigante di sconoscere gli edifici colonnari del celebre architetto Guarino Guarini. Da allora in avanti l'architetto catanese fu meno presente a Caltagirone, anche se tornato al cantiere della Chiesa Madre nel dicembre del 1772 comincia a costruire il prospetto in collaborazione con il figlio Paolo. Nel mese di maggio del 1773 il prospetto era costruito fino al finestrone centrale.
Nel volume della Curia vicariale dal Titolo Inventari e riveli di benefici e cappellanie dell'anno 1774, compilato per mandato del vescovo di Sircusa D. Giambattista Alagona, si trova inserito il rivelo elaborato dal parroco della chiesa Madre di Caltagirone Don Salvatore Scordia. Da questo risultano nella chiesa i seguenti altari oltre a quello maggiore dedicato a Maria SS.ma di COnadomini: In cornu Evangeli (nella navata sinistra) : Altare del SS.mo Sacramento con il SS.mo Crocifisso; Altare di San Gregorio Taumaturgo; Altare di San Nicolò Vescovo di Mira; Altare di San Crispino e San Crispiniano; Altare di Gesù Cristo alla colonna; Altare di San Giroòlamo; . In cornu epistolae (nella navata destra): Altare di Maria SS.ma sotto il titolo dell'Assunzione; Altare di Maria ss.ma sotto il titolo della Purificazione;Altare di Maria SS.ma sotto il tiolo della Presentazione; Altare di Maria SS.ma sotto il titolo del Popolo;Altare di Maria SS.ma sotto il titolo di S. Maria Maggiore.
Mentre i lavori procedevano a rilento, era presente a Caltagirone l'ingegnere idraulico Giambattista Cascione Vaccarini, uno dei pìù stimati professionisti della Palermo del XVIII secolo, al quale il Senato volle affidare la direzione dei lavori di ricostruzione della Chiesa Madre e del campanile, richiesta rinnovata nel luglio 1778: «Si lusinga il Senato che non andrà tanto a lungo la destinazione dell'architetto Cascione [per il cantiere della chiesa madre] perchè l'ulteriore ritardo dell'opera pubblica riesce di un continuo rimprovero destando meraviglia ai cittadini e forestieri, che un'Università peraltro opulenta trascorsi financo quanto è di positiva necessità [non trovi una soluzione], e resti certa che la mormorazione si è fatta universale ed il Senato non può far altro che stringersi su le spalle», si mandava a dire a Palermo per via di dispacci.
Nel marzo dell'anno successivo (1779), Cascione elaborò una lunga relazione sul lavoro necessario per completare la Chiesa Madre, cui seguì la quella inerente il completamento della chiesa di San Giuliano , ma, come già avvenuto per Battaglia, anche la sua presenza a Caltagirone era discontinua, dal momento che era impegnato anche al prospetto della Basilica Soluntina di S. Anna a Santa Flavia (PA); tuttavia, i suoi soggiorni a Caltagirone sono registrati fino al 1790, anno della morte.
L'architetto siracusano Natale Bonajuto relazionava il 13 giugno 1785, le spese necessarie per il completamento della facciata della chiesa di cui mancava ancora la parte sommitale.
Natale Bonajuto relazionava il 18 settembre 1789 le somme necessarie per l'acquisto della pietra bianca ad intaglio necessaria alla costruzione delle partiture interne ed esterne della cupola della chiesa.
Nonostante il contributo dell'architetto Giambattista Vaccarini la chiesa Matrice era destinata a rimanere incompletata: ancora nel 1791 il cantiere «proseguiva a tenore del disegno dell'architetto Cascione e della relazione dell'architetto Bonajuto», nonostante la sua morte fosse avvenuta l'anno prima. Sarà Giuseppe Venanzio Marvuglia ( 1729-1814) a concludere i lavori nei primi anni dell'Ottocento quando Architetto del Senato sarà Carlo Maria Longobardi. Il campanile di Marvuglia completato intorno al 1802sotto la direzione dell'architetto Don Giuseppe Marino, concluse così il lunghissimo iter progettuale nel quale furono coinvolte le maggiori professionalità del settecento siciliano. L'architetto catanese Giuseppe Zara venuto a Caltagirone per il collaudo dell'opera lo giudicò realizzato in maniera impeccabile nella sua relazione.
Tra il 1809 e il 1817 l'architetto caltagironese Carlo Maria Longobardi Savalza Marchese di Schifardi progettò il nuovo apparato di stucchi per la Chiesa Madre. Dalla relazione di progetto si evince che il progettista voleva decorare la chiesa « asseconda dè più recenti saggi d'architettura espressati in disegno». Per le decorazioni della cappella del Divinissimo sita nel braccio sinistro del transetto l'architetto si ispirò al «celebre Raffaele, girata essa Cappella d'architettura Corinta».
La chiesa di S. Nicolò, poi, dedicata all'Assunzione di Maria, servita nel passato da una comunia di sacerdoti, come prima parrocchia della città, ne fu anche la matrice sino al 1816, anno in cui, con l'erezione della diocesi, ne prese il posto la chiesa di S. Giuliano, elevata alla dignità di Cattedrale. Essa, aggregata dal 16 gennaio 1742 alla Basilica di S. Maria Maggiore in Roma, fu solennemente consacrata il 25 maggio 1925 da mons. Giacomo Carabelli, Arcivescovo di Siracusa ed Amministratore Apostolico di Caltagirone e, con breve Apostolico del 27 giugno 1963 di Paolo VI, anche decorata del titolo e della dignità di basilica minore.
Il campanile, disegnato dall'architetto palermitano Venanzio Marvuglia (1719-1797) e ricostruito sopra più solide fondamenta e sotto la direzione anche dell'architetto Natale Bonaiuto, in uno con la chiesa, fu solennemente inaugurato, presente anche il Senato Civico, il 26 marzo 1817.
Nel 1867 si registra il progetto dell'architetto GB. Nicastro per l'altare maggiore in stile neorinascimentale. L'idea progettuale era influenzata dai monumenti funebri quattrocenteschi visitati dall'architetto nelle chiese veneziane durante i suoi viaggi. Il progetto non venne realizzato.
Nel 1884 l'architetto affronta nuovamente la problematica della definizione dell'altare della Madonna di Conadomini, questa proposta progettuale, la seconda, dopo quella del 1867, si ispirava al tabernacolo della Madonna di Andrea Cione in Orsammichele, uno stile che l'architetto aveva denominato arabo-bizantino «com'è l'immagine che deve decorare». La macchinetta d'altare era costituita da esili colonne tortili reggenti un arco decorato con grandi foglie arricciate e affiancato da due guglie. Anche questo progetto non venne realizzato.
La Madonna della Conadomini, dichiarata patrona principale della città con atto pubblico del 10 luglio 1644, rogato dal notaro Gaspare Forte, auspice l'arcid. mons. Mario Mineo Jannì (1846-1927) e con decreto del Capitolo Vaticano, fu incoronata di aurea corona il 31 maggio 1913 da mons. Luigi Bignami, Arcivescovo Metropolita di Siracusa, assistito da mons. Damaso Pio De Bono, Vescovo diocesano e da mons. Mario Sturzo, Vescovo di Piazza Armerina, alla presenza di numerosa folla e del Senato civico, allora presieduto dal pro-sindaco Don Luigi Sturzo.
Tra il 1929 e il 1930 viene realizzata la costruzione della Casa Canonica ad opera dell'ing. Ambrogio Bolla dell'Opera delle Case parrocchiali Pontificie voluta da Pio IX.
Nella notte tra il 14 e 15 gennaio 1991 vennero trafugati il dipinto del Cristo alla colonna del Vaccaro e il lavabo in ceramica opera di Giuseppe Di Bartolo.