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Ove son or le meraviglie tue
O regno di Sicilia? Ove son quelle
Chiare memorie, onde potevi altrui
Mostrar per segni le grandezze antiche?


(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)





Olio su tela, 255×125.
Non firmata ma attribuita da Gioacchino Barbera al Panebianco, in un periodo evidentemente vicino a quello in cui dipinse il San Liberante.
Anche per questo quadro l'analisi che leggiamo nel testo in presentazione non è affatto favorevole. V'è scritto: "il dipinto del Sacro Cuore non riesce a superare nella raffigurazione del Cristo, le secche del convenzionalismo religioso".
Il Sacro Cuore di Panebianco è un aureolato e pacifico Cristo, stante e a figura intera, vestito di rosso e di blu, accompagnato (su un evanescente sfondo aureo) da dei paffuti angioletti reggenti un calice con l'Eucarestia e la corona di spine.
Visto con occhi moderni, quel volto etereo e bellissimo, perfetto fino al calligrafismo, illuminato d'oro, è certamente religiosamente convenzionale.
Visto con occhi di un pozzogottese del 1860 circa, quel quadro era senza dubbi il "vero volto" di Cristo a cui tributare devozione e preghiere.
Credo, per questo, che il pittore sia riuscito a pieno nel suo intento artistico. A mio parere, più di come noi "sentiamo" oggi il quadro, è più giusto chiederci invece in che maniera, con quali risultati, sono stati portati a compimento le richieste artistiche della committenza. E Panebianco, per le due tele di Pozzo di Gotto, usa tutto il repertorio tecnico della sua pittura in maniera sapiente, sciolta e disinvolta, arrivando a creare figure di estrema nobiltà, di grande prestanza scenica, di forte impatto visivo e perché no di affascinante bellezza virile.