Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
La Sala Rossa raccoglie alcune pale d’altare divenute di proprietà comunale nel 1866 a seguito delle leggi di soppressione degli enti ecclesiastici e in parte collocate, fino ad ora, nella sala consiliare del Municipio e, soprattutto, l’affresco staccato che proviene dalla chiesa di Santa Maria di Gesù, qui presentato con la sua recuperata sinopia.
Al centro della sala si impone all’attenzione, dunque, la Madonna col Bambino in trono, un affresco staccato della prima metà del quarto decennio del XV secolo, restaurato in anni recenti a cura della Soprintendenza per i Beni Culturali di Enna e correttamente attribuito al cosiddetto “Maestro del Polittico di San Martino”, con l’intervento, forse, di uno stretto collaboratore. Nella parte inferiore dell’affresco si legge la scritta “Sancta Maria de Yesu”, che ricorda l’antica collocazione nella chiesa francescana di Santa Maria di Gesù, così intitolata dai frati Osservanti nel 1430, anno che va quindi considerato come il termine post quem per la datazione. Nonostante le lacune e le abrasioni, l’opera presenta elementi di grande raffinatezza ed eleganza formale, sia negli ornamenti del trono, che nei particolari degli strumenti musicali suonati dagli angeli, nelle pieghe e nei ricercati decori della veste e del manto della Vergine, nei visi di quest’ultima e del Bambino. Lo stile e i caratteri fisionomici richiamano da vicino la produzione di cultura tardogotica valenciana nei suoi esiti siciliani, in particolare le opere riunite sotto il nome di un artista ancora anonimo, il “Maestro del Polittico di San Martino”, così denominato dal Polittico della chiesa di San Martino di Siracusa e da altre opere esistenti a Siracusa e nell’area centro-meridionale della Sicilia.
Di particolare interesse è la sinopia molto frammentaria dell’affresco, rinvenuta nel corso delle delicate operazioni di stacco, che costituisce una delle poche testimonianze di sinopie quattrocentesche in Sicilia. Si tratta del disegno preparatorio (la sinopia, una terra rossa, precisamente un’ocra, si chiama così perché a detta di Plinio fu trovata per la prima volta a Sinope, nel Ponto, una regione dell’odierna Turchia) tracciato sull’arriccio, al disotto dell’intonaco, che consentiva una sorta di prova generale dell’esito finale dell’affresco.
Allo stato attuale delle ricerche, in assenza di riscontri documentari, va attribuita a un ignoto pittore siciliano del XVIII secolo la scenografica pala d’altare con la Conversione di Saulo, di cui non si conosce l’ubicazione originaria, che ripropone modelli romani di derivazione accademica con un gusto del colore e dei contrasti chiaroscurali di derivazione seicentesca.
è assai probabile che provenga dalla distrutta chiesa di Santa Chiara il grande dipinto con Santa Chiara respinge i saraceni, la cui datazione dovrebbe collocarsi entro la metà del XVIII secolo, nel quale vengono tradotte in forme più deboli, con una resa materica più appiattita, soluzioni stilistiche assai vicine ai modi di Guglielmo Borremans e di Filippo Randazzo.
Seguendo il percorso si può ammirare la pala d’altare con Sant’Andrea Avellino intercede per Piazza presso la Madonna delle Vittorie, databile verso la fine del terzo decennio del Seicento, certamente dopo il 1626 quando il santo venne proclamato terzo patrono della città. In origine era collocata su uno degli altari della chiesa di San Lorenzo dei Padri Teatini e, come ha rivelato il recente restauro, è firmata da Antonino Cinniardi (o Ginniardi, pittore di cui non abbiamo notizie né conosciamo altre opere a lui attribuibili). Il dipinto mostra chiari riferimenti di stile alla produzione di Gaspare Bazzano e Giuseppe Salerno, attivi nei primi decenni del Seicento soprattutto nella Sicilia centro-occidentale e noti entrambi con lo pseudonimo di “Zoppo di Gangi”, e, nei due angeli reggicorona, a Giuseppe Alvino, manierista palermitano di primo piano. Va evidenziata, in basso a destra, la rara veduta della città di Piazza animata da numerose figurine, alcune delle quali intente in una celebrazione religiosa, forse una processione, che restituiscono un gradevole spaccato di vita quotidiana.
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